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Dei lepidotteri poco conosciuti, gli Zygaenidae

Gli Zygaenidae, detti anche, in inglese, burnet moths e forester moths, sono un piccolo gruppo di lepidotteri distribuito soprattutto nel vecchio mondo. Ma perché “moths”, ovvero “falene”? Già, a vederle sembrerebbero delle bellissime farfalle (dette più propriamente ropaloceri), con colori sgargianti e senza l’abitudine di sbattere contro le lampade, ma in realtà sono falene. Lo possiamo capire guardando la folta peluria che ricopre molte specie, soprattutto nel lato ventrale, la forma delle ali, il corpo robusto in proporzione a queste ultime e la forma delle antenne che non sono, come nelle farfalle, filiformi con una evidente clava terminale, ma robuste e senza una clava terminale evidente.



Le antenne di una Lycaena virgaureae, una farfalla (in alto) e quelle di una Lasiocampa trifolii, una falena (in basso)

Una Lycaena virgaureae (farfalla) e una

Lasiocampa quercus (falena)



Ciò che le distingue dalle altre falene, oltre al volo diurno che però non è esclusivo degli Zygaenidae, è la capacità di sintetizzare due composti chimici: linamarina e lotaustralina, che sono tossici e cianogenici, ovvero possono liberare cianuro. Questi composti di difesa vengono prodotti nella larva da particolari muscoli del canale digerente e negli adulti in delle ghiandole poste alla fine dell’addome, denominate ghiandole di viz. Petersen.

Questa bellissima famiglia è composta da tre raggruppamenti, detti sottofamiglie: Zygaeninae, Procridinae e Chalocisiinae. La più numerosa è la sottofamiglia Zygaeninae, con 116 specie.

Il ciclo vitale di solito dura un anno, ci sono però alcune specie che compiono due generazioni in un anno oppure, come spesso accade nelle specie di alta quota, che compiono una generazione ogni due o tre anni.



Una Jordanita chloros (Procridinae)


Ma perché questi colori sgargianti? Le zigene sono tossiche, come dicevamo e ovviamente essendo insetti usano questi composti tossici per evitare di essere mangiate. Tuttavia un predatore deve prima “assaggiare” una zigena per sentire che è disgustosa ed evitare di mangiarla una seconda volta e spesso l’assaggio si conclude con la morte dell’insetto. Cosa succederebbe però se la zigena adottasse un segnale che indica al predatore “pericolo, sono tossica”, un po’ come per noi potrebbe essere un cartello con un teschio che dice “veleno”? L’uccello eviterebbe di mangiarla perché riconosce il segnale e non avrebbe bisogno di imparare assaggiandola. Nel mondo animale questo fenomeno si chiama colorazione aposematica, ovvero una colorazione che indica la tossicità di un animale. Ma c’è dell’altro. Essendo un segnale molto efficace, con il tempo, l’evoluzione ha premiato le specie tossiche che hanno uniformato i loro segnali, rendendoli ancora più efficaci: con un solo segnale di avvertimento infatti si riesce a segnalare la tossicità di molte più specie. Il risultato è che abbiamo diversi animali tossici con colorazioni molto simili e il predatore riconoscerà questo unico segnale molto bene. Questo fenomeno prende il nome di mimetismo mulleriano. Ma c’è dell’altro. Anche le specie non tossiche avrebbero un vantaggio evidente a non farsi mangiare dai predatori, infatti, con il tempo, alcune specie hanno iniziato ad “imitare”, o meglio, mimare, quelle tossiche. Questo fenomeno prende il nome di mimetismo batesiano.



Sesia apiformis, un classico esempio di mimetismo batesiano



Una Zygaena ephialtes (in alto) e una

Amata phegea (in basso), un classico esempio di

mimetismo mulleriano


Le zigene poi non sono interessanti solo per il loro mimetismo, ma anche per la distribuzione: molte specie infatti sono estremamente localizzate o endemiche (ovvero esclusive di un'area ristretta). Questo le rende molto interessanti per la branca della biologia che studia come gli organismi sono distribuiti nello spazio e nel tempo, la biogeorgafia.



Una Zygaena oxytropis, endemita degli Appennini



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